Internet e la nuova rete social(e)
- Emanuela Piovesan
- Nov 24, 2021
- 5 min read

“Gli adolescenti di oggi chiedono agli adulti
autonomia e libertà ma senza essere lasciati soli davanti alle scelte della vita”
Matteo Lancini
da Abbiamo bisogno di genitori autorevoli
Il percorso dell’essere umano, e dunque anche dell’adolescente è caratterizzato dalla ricerca della propria identità, spiega un autore, Erickson, intesa come percorso di accettazione di se stessi. Il primo sguardo di accettazione, incoraggiamento, quello che davvero conta in adolescenza proviene dal branco, il gruppo, ma non solo, anche gli adulti contano, solo che ammetterlo è complicato. L’adulto infatti è la figura dalla quale ci si allontana e allo stesso tempo ci si avvicina. Anche per questo diventare grandi è difficile, ci si può sentire soli e la ricerca di se stessi spesso avviene attraverso diverse crisi evolutive. Erickson le descrisse attraverso otto stadi, che coinvolgono tutto il corso dell’esistenza dell’essere umano e in cui ogni persona vive dei conflitti interni tra due forze opposte, il loro superamento porta ad un’evoluzione dell’essere umano oppure ad un eventuale blocco evolutivo qualora il conflitto rimanga. Uno dei movimenti dell’essere umano, descritto da Erickson, nello stadio dell’adolescenza riguarda la ricerca della propria identità, contrapposta ad un rischio di “diffusione d’identità”. La rete social(e) dei ragazzi concorre a costruire la loro identità, in modi nuovi, spesso più virtuali che reali, attraverso diversi profili che si dividono in quelli a cui i genitori hanno accesso e poi i famosi profili fake, in cui i ragazzi mostrano parti di sé importanti, che però, meritano di essere tenute distanti dai giudizi del mondo adulto e dunque nascoste. Ma prima di addentrarci in questa tematica un po’ spinosa, vediamo come i nostri ragazzi hanno imparato a costruire il loro mondo sociale, soprattutto attorno ad Internet.
Un altro autore, Lancini, racconta l’evoluzione del concetto di famiglia, da un concetto di “famiglia tradizionale”, prevalentemente normativa, in cui il bambino veniva visto come una specie di tabula rasa, oggi la famiglia diviene più comprensiva, i genitori cercano di capire, diventano più degli amici intimi, piuttosto che genitori che richiedono a qualunque costo l’obbedienza ai propri figli. L’idea di bambino è cambiata, oggi il neonato infatti viene pensato con capacità relazionali fin dal primo giorno di vita, il bisogno di relazione con l’altro diventa primario. Anche il ruolo della donna si è notevolmente mutato e le madri spesso trascorrono molte ore lontane da casa, utilizzando lo smartphone come un modo per organizzare, a distanza dai loro uffici, le giornate dei ragazzi e monitorare che cosa fanno. Così la madre lavoratrice si è sostituita alla madre casalinga, passando più tempo fuori casa e condividendo le incombenze domestiche con il proprio compagno. Questa premessa per aiutare a riflettere su come l’uso del cellulare abbia una funzione anche per i genitori e fin dalla più tenera età, i bambini sono stimolati dalle proprie figure di riferimento ad essere al centro dei loro selfie, dei servizi fotografici da neonati, delle foto per la recita alla scuola dell’infanzia. A partire da questi momenti, i ragazzi hanno imparato a farsi meno soli anche grazie al loro cellulare.
In adolescenza Internet diventa luogo d’incontro per elezione, dal momento che via via, vanno scomparendo i luoghi di aggregazione tra ragazzi come i parchi, i centri parrocchiali ed i ragazzi hanno meno libertà nello sperimentarsi. I genitori avvertono infatti sempre di più il mondo esterno come più minaccioso, pericoloso e allo stesso tempo sembra venir meno una comunità educante in cui ogni famiglia si prende cura dei ragazzi, anche se non sono figli propri. Internet, rispetto a questo offre la possibilità agli adulti di avere la tranquillità di sapere dove sono i propri figli, diventando Internet una specie di surrogato dei propri genitori.
Lancini inoltre afferma che Internet è anche lo spazio dove i ragazzi sperimentano la loro sessualità, e conoscono i loro corpi e le loro emozioni attraverso i videogiochi, i video, i selfie, e la scelta degli stati.
Con i media e i social i giovani fanno nello spazio virtuale quello che per loro è importante anche nella vita reale: allacciare i contatti, fare nuove amicizie, condividere interessi comuni, scambiarsi idee, sentirsi parte del gruppo. Perché spendersi su internet? Perché si può essere meno timidi, perché si può creare un profilo che contenga “solo la versione migliore di noi”. Questo nasconde sentimenti di delusione e vergogna, senso di inadeguatezza e un vissuto di solitudine che si cela dietro alle immagini, ma che a volte viene così esposto che diventa fragile e vittima dei feroci commenti che il poter “rimanere anonimi” offre. Il mondo virtuale diviene un’occasione per mettersi in gioco, testando anche i limiti: la challenge passa da sfida competitiva a sfida evolutiva.
Dove si colloca in tutto ciò l’empatia? Empatia deriva dal greco “empatéia” e significa “sentire dentro”. Nell’epoca della rivoluzione digitale la modifica della quotidianità relazionale porta alla mancanza di relazioni face-to-face e l’adolescente è meno abituato ad attivare ed allenare il proprio “sistema specchio” che sta alla base dell’empatia, arrivando con difficoltà a riconosce le emozioni altrui e a elicitare la risposta empatica (Cantelmi, Talli, D’Andrea, Del Miglio, 2000).
In questa fase l’adolescente lotta tra la paura di imitare gli altri, il bisogno di condividere e la difficoltà nell’interiorizzazione del concetto di rischio collegato ad un pensiero critico non ancora pienamente sviluppato (Pellai, 2015). È quindi importante condividere con i ragazzi ciò che mettono in atto nel modo vituale poiché La realtà virtuale può consentire l’opportunità di sperimentare aspetti reali e minacciosi di Sé, ma in un contesto dove le conseguenze non sono reali, sperimentandosi con identità differenti.
Pellai in un’intervista televisiva dice: “Entrare nell’online è come entrare in un mondo dei balocchi sempre attivo, dove non ci sono adulti con competenze educative e non c’è chi supervisiona”. L’adulto ha il compito di regolare, di fornire i limiti necessari a potersi sperimentare entro un confine protetto, che possa tutelarli. Questi confini si trasmettono anche attraverso i valori, i significati e i contenuti che si condividono con i ragazzi e che permettono di fare delle scelte: come adulto posso mettere a disposizione dell’adolescente la dimensione della responsabilità e della competenza di cui ho fatto esperienza. Questo permette di passare dal “controllare” al “accompagnare, sostenere e progettare insieme a loro”, aiutandoli a crescere verso la responsabilità e la competenza, aiutandoli a muoversi nel mondo.
BIBLIOGRAFIA
· Lancini M. (2015) Adolescenti navigati. Edizioni Centro Studi Erickson
·Siegel D. (2014) La mente adolescente. Raffaello Cortina Editore
·Alberto Pellai (2015)Tutto troppo presto. Ed. De Agostini
·Pellai A. e Tamborini B. (2017), L’età dello Tsunami. Come sopravvivere a un figlio pre-adolescente, Ed. Deagostini 2017
·Lancini M. (2017) Abbiamo bisogno di genitori autorevoli, Edizioni Mondadori
·Miller, P.H. (2002) Teorie dello sviluppo psicologico. Società Editrice Il Mulino, Bologna
·T. Cantelmi, C. Del Miglio, M. Talli, A. D'andrea, La mente in Internet - Psicopatologia delle condotte on-line, Piccin Editore
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