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LA SCUOLA TRA VICINANZA E DISTANZA

Updated: Dec 19, 2021


Ho in mente un ricordo preciso del mio rifiuto della scuola. «Bambini, ditemi secondo voi perché il fuoco è bello?», Chiese una volta la nostra maestra milanese. Rispondemmo ciascuno con le proprie parole: «perché è caldo», «è rosso», «d’inverno riscalda le case», «serve per cucinare», «a far addormentare i cow-boy nelle praterie», «a tenere lontani gli animali pericolosi» (…) nessuna risposta era quella giusta. La maestra con sguardo torvo ci rimproverò – «stupidi!» – (…) «Il fuoco è bello – disse con aria saccente - perché si muove!».

(M. Recalcati L’ora di lezione, 2014)


Ed eccoci qui a parlare di quello che sembra essere l’argomento più ostico di tutti: LA SCUOLA! Partirei da due frasi comuni che tutti abbiamo ascoltato oppure detto “è intelligente, ma non si applica, potrebbe fare di più” oppure “è svogliato”. In questo articolo, così come durante la serata di formazione fatta, vorrei soffermarmi invece sul significato che assume la scuola per un/a adolescente.

Il breve racconto di Recalcati della sua esperienza scolastica ci permette di iniziare la nostra riflessione ponendoci una domanda: per chi e per che cosa bisogna studiare?

Dobbiamo fare una scelta importante quando guardiamo il rapporto dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze con la scuola tra due possibilità: percepire la scuola come (unica) fonte di conoscenza e di sapienza in cui gli adulti sanno cosa sia bene e cosa no per i ragazzi oppure come occasione di sperimentazione di sé, in cui gli/le adolescenti hanno la possibilità di capire chi sono, cosa piace loro, come ci si relaziona con i pari e con gli adulti. Assumere questa seconda strada non è automatico ed immediato, ma forse può risultare vincente per poter incontrare davvero gli studenti fornendo loro occasioni e stimoli per crescere e conoscersi.

Ma cosa significa realmente andare a scuola? Quali sono gli elementi coinvolti? Proveremo a spezzettare dando un nome ai vari elementi consapevoli però che dobbiamo considerare la totalità del ragazzo e della ragazza e non una sola parte.

Abbiamo già affrontato nel primo dei nostri articoli lo sviluppo dell’adolescente, vorrei concentrarmi innanzitutto sulla parte più concreta dello studio ovvero la parte pratica e organizzativa. La parte che in questo momento si sta formando e sviluppando è quella della riflessione, della capacità di autonomia e di gestione del compito. Si sta sviluppando non è, quindi, acquisita. Questo comporta che le funzioni esecutive (ovvero le capacità di attivarci nella gestione di una situazione, organizzarci, pianificare saper gestire le emozioni che la situazione comporta e risolvere la situazione) non sono ancora completamente formate. Proprio per questo può capitare che i ragazzi fatichino nell’organizzazione della giornata, o nella gestione del tempo per la preparazione di una verifica (avete presente le full immersion di matematica la sera prima del compito?). Ecco che, ancora una volta può essere importante fungere da istruttori di “scuola guida” aiutarli a sviluppare un pensiero di riflessione su quello che bisogna fare senza però “togliere le castagne dal fuoco”. Un’interrogazione andata male può essere un’occasione di riflessione se non demonizziamo il 4, ma al contrario lo prendiamo come parte del percorso.

Questo punto ci permette di introdurre la sostanziale considerazione che la scuola non è semplice apprendimento, ma che essa è intrisa di implicazioni emotive nelle relazioni con gli altri e nella formazione di sé.

Partendo da questa premessa consideriamo quanto la scuola incida sul concetto di Sé nel senso di autoefficacia dei nostri ragazzi e ragazze. Alcune delle domande che essi si pongono, forse in modo inconsapevole, possono essere: sono capace di affrontare questa situazione nuova? Posso farcela? E soprattutto se non sono perfetto (ad esempio se non prendo un voto superiore al 7) cosa succede? Sarò degno di stima? Cosa diranno i miei compagni? Mi prenderanno in giro? Lancini e Salvi (2018), a questo proposito spiegano come gli adolescenti “sono alla ricerca di uno sguardo teneramente rispecchiante che riconosca e apprezzi il loro valore intrinseco, che, a parer loro, nulla ha a che fare con i risultati legati alla didattica. Essi non temono il giudizio dei docenti, ne eventuali richiami o punizioni, ma attribuiscono grande importanza alla relazione con loro, la cui qualità può influire significativamente sul loro sviluppo identitario (Maggiolini, 1994)”.

Questo ci permette di riflettere sul fatto che le modalità educative “di una volta”, quelle punitive, non sono adeguate proprio perché non enfatizzano la voglia di provarci ancora, ma tendono ad alimentare la fuga dalla situazione stressante e, se il caso estremo è l’abbandono scolastico, nelle situazioni più comuni ritroviamo “il non impegno” “il ragazzo svogliato”. Come sottolinea la Professoressa Lucangeli, però, “le nozioni si fissano nel cervello insieme alle emozioni. Se imparo con curiosità e gioia, la lezione si incide nella memoria con curiosità e gioia. Se imparo con noia, paura, ansia, si attiva l’allerta. La reazione istintiva della mente è: scappa da qui che ti fa male. La scuola ancora crea questo cortocircuito negativo”. Durante la serata abbiamo ricordato l’esperimento dell’impotenza appresa (Seligman 1967), senza riprendere qui l’esperimento, ci è utile dire però che davanti ad uno stimolo avverso e ripetuto si tende a scappare, ad attendere che finisca, introiettandolo nella concezione di sé: se più volte nella giornata scolastica un ragazzo si sente descrivere come uno che non si impegna, non ha voglia difficilmente penserà di aver un motivo per studiare.

Come ci fanno notare due insegnanti (Deon e Vedovato) nel blog “insegnando italiano.it” bisogna capire da dove partono gli studenti a cosa si stanno dedicando, come stimolare il loro interesse anche pensando a nuove strategia (che sia in presenza o in DAD).

Perché il loro interesse non è per le materie di studio, ma è orientato (giustamente) alla loro crescita, alla loro direzione verso la vita e la matematica così come l’italiano sono degli strumenti, utili, di cultura, ma sempre strumenti. Il professore John Keating de “l’attimo fuggente” (1989) lo sa bene quando incoraggia i ragazzi a lottare contro il “misurare la poesia” ed aiutandoli ad “assaporare parole e linguaggi” per trovare così il loro verso che contribuirà nello splendido spettacolo che è la vita.



Bibliografia e Sitografia

D. Vedovato Riflessione sulla lingua e DaD: il desiderio di Discutere a Distanza

D. Vedovato Strumenti utili per riflettere sulla lingua in Dad www.insegnandoitaliano.it

V. Deon i segni e le cose www.insegnandoitaliano.it

M. Lancini A.Salvi Gli adolescenti a scuola all’epoca di internet e del narcisismo Istituto Minotauro, Milano in RICERCAZIONE - Vol. 10, n. 2 - December 2018

D. Lucangeli Cinque lezioni leggere sull'emozione di apprendere Centro Studi Erikson 2019

Film l’attimo fuggente Dead Poets Society Regia di Peter Weir Distribuzione: Warner Bros Italia (1989) - Touchstone Home Video

Massimo Recalcati L’ora di lezione. Per un’erotica dell’insegnamento. Ed. Einaudi 2014




 
 
 

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